Hanno sparato in Tribunale. E’ morto il giudice, è morto l’avvocato, è morto pure il coimputato. E tutti a chiedersi: “Come avrà fatto l’assassino ad entrare con una pistola nella casa della giustizia?”. Ve lo spiego io. I controlli, in Tribunale, sono pressoché inesistenti. Per esperienza personale ricordo due ingressi, quello riservato agli addetti del settore (magistrati ed avvocati) e quello riservato a tutti gli altri che è dotato di metal detector. Ora, se io entro dall’ingresso riservato agli esperti del diritto, e sono un pincopallo qualsiasi, nessuno mi chiede nulla. A maggior ragione se entro con una bella borsa in pelle, noto accessorio di cui ogni professionista è munito. Alla guardia giurata che dovrebbe controllare non sfiora neanche lontanamente l’idea di fermare pincopallo per chiedergli i il tesserino di riconoscimento . Quindi, pincopallo, è libero di ammazzare chi meglio crede. Un magistrato, un avvocato oppure un coimputato. Come nel caso di specie. Non è la prima volta che qualcuno introduce un’arma da fuoco in un Tribunale. Non è mai cambiato nulla, se non nelle immediate vicinanze temporali del fatto. Perché il mondo è fatto così, interviene dopo le tragedie, per poi dimenticare non appena si spengono i riflettori mediatici. L’aereo della Germanwings caduto pochi giorni fa causando la morte di più di cento persone è un altro triste esempio dell’incuria sociale. Sono depresso, faccio il pilota, mi chiudo nella cabina di comando senza che nessun altro possa entrare e decido di uccidermi in compagnia. E il mondo grida: “Come ha fatto un depresso a superare le selezioni per diventare pilota?”, ancora, “Perché è restato solo nella cabina di comando?”, infine, “Perché la porta è rimasta bloccata? Caro mondo, le tue domande sono tardive, poniteli prima certi interrogativi. Prima, però, non frega un cazzo a nessuno. Fino alla prossima tragedia.